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« Pour un individu, 40 ans, c’est donc l’heure de la confirmation des choix ou d’un nouveau choix de vie : l’âge des approfondissements ou l’âge des virages » (p. 8). A questa « età fatale » si è aggiunto nel 2005 l’avvento del pontificato di Benedetto XVI che, a partire specialmente dal suo discorso alla Curia romana del 22 dicembre 2005, ha fornito più di un’occasione per una ripresa del dibattito storico e teologico sul ruolo del concilio Vaticano II (e sulla lettura dell’evento offerta dalla Storia del concilio Vaticano II in 5 volumi, diretta da G. Alberigo, alla quale lo stesso Routhier ha contribuito). Lasciata alle spalle la fase sulla supposta dialettica tra la « lettera » dei documenti del Vaticano II da una parte e lo « spirito » del concilio dall’altra — fase tipica dell’atteggiamento ambivalente (ma non ambiguo) sul concilio da parte di Giovanni Paolo II, attualmente lo stato della questione all’interno della compagine ecclesiale è caratterizzata da una certa vague revanchiste (dal sapore più politico che teologico, specialmente in alcuni paesi dell’area nord-atlantica) contro le più significative acquisizioni del maggiore evento ecclesiale dell’età contemporanea. È una vague che persegue un’agenda ideologica e politica, del tutto indipendente dall’approfondimento storico-teologico delle questioni sul tavolo. Tanto più utile è allora, in questo momento, la raccolta di saggi di Gilles Routhier, professore alla Faculté de théologie et de sciences religieuses dell’Université Laval a Québec e il maggiore esperto degli studi della recezione del Vaticano II, tanto per i suoi aspetti teorici e metodologici, quanto per una serie di studi effettuati sul passaggio tra concilio e post-concilio (si vedano, tra gli altri, La réception d’un concile, Paris, 1993 ; Réceptions de Vatican II. Le concile au risque de l’histoire et des espaces humains, éd. G. Routhier, Leuven, 2004 ; il recentissimo La chiesa dopo il concilio, dalle edizioni Qiqajon della Comunità monastica di Bose, 2007).
I saggi qui raccolti sono stati pubblicati una prima volta tra 2001 e 2005 (se si eccettua il meno recente, quello del 1997 sulla recezione nel dibattito teologico attuale) e quindi intervengono con una certa tempestività su questioni-chiave della problematica della recezione del Vaticano II : ruolo del Vaticano II per il cattolicesimo contemporaneo ; liturgia ; ecclesiologia ; governo centrale della chiesa cattolica ; ecumenismo.
Nella sua analisi, che non è solo teologica né sociologica, Routhier individua un tournant attorno al quinquennio 1967-1972, dove « s’opère un renversement dans la réception de Vatican II » (p. 31) : è qui che si passa da una riconfigurazione « liberale » del cattolicesimo post-conciliare ad una più « integralista » che si appoggia sul nascente ondata carismatica (esemplare il percorso del card. Suenens : partito dalla maggioranza conciliare al Vaticano II, negli anni Settanta approda al rinnovamento carismatico). È una periodizzazione del post-concilio (da leggere in parallelo a quella pubblicata da Routhier in Réceptions de Vatican II) che trova conforto nella periodizzazione della storia dei « nuovi movimenti » nella chiesa cattolica e che aiuta a spiegare il rapporto storico e culturale tra Vaticano II e movimenti ecclesiali e che coincide con la fase più acuta della recezione istituzionale del concilio, tra 1966 e 1971 (cfr. p. 260).
Routhier non si fa scrupolo ad affrontare, in relazione al dibattito sulla recezione del Vaticano II, la questione nodale del rapporto tra « chiesa universale » e « chiese locali » (questione che era stata al centro dei lunghi anni di dibattito pre-conclave, specialmente tra 2000 e 2002, tra il card. Ratzinger e Walter Kasper). L’autore afferma che il concetto di recezione presuppone « non seulement une théologie de l’Église locale comme Église sujet et Église de sujets » (p. 89), ma anche che essa è intimamente collegata alla questione dello statuto teologico del luogo e all’ecclesiologia di comunione. Una simile attenzione allo statuto delle chiese locali è presente nel saggio sulla liturgia, in cui si evidenzia lo scarto tra iniziative liturgiche di Pio X, movimento liturgico e Sacrosanctum Concilium del Vaticano II attorno alle questioni della partecipazione attiva e della cultura dei paesi di missione.
L’autore ben sa che la questione della ermeneutica del concilio e della sua ecclesiologia precede gli studi sulla recezione (cfr. p. 150), e per questo l’individuazione dei « gruppi-soggetti della recezione conciliare » non viene scissa da un inquadramento dello stato attuale della recezione della ecclesiologia conciliare. Lungi dal considerare il Vaticano II un momento finale e conclusivo di una fase della storia della chiesa, Routhier ne afferma — a partire dall’enciclica Ut unum sint di Giovanni Paolo II (1995) e dalla sua spinta alla elaborazione di un nuovo modello ecumenico di ministero petrino — il carattere incipitario, « moment initial » (p. 211) specialmente per quanto riguarda la questioni della riforma del governo centrale della chiesa e della Curia romana (su cui mi permetto di rimandare ad alcune pagine del mio studio Il vescovo e il concilio. Modello episcopale e aggiornamento al Vaticano II, Bologna, 2005). Stessa ipotesi incipitaria avanza Routhier rispetto alla mariologia del Vaticano II, che rappresenta « une tentative pour sortir le catholicisme de sa période baroque » : un tentativo ancora non concluso, perché il concilio « n’a pas réussi encore à parler suffisamment au coeur et aux sens » (p. 242).
Particolarmente significativa per la condizione attuale della credibilità ecumenica della chiesa cattolica è la convinzione espressa da Routhier che « il n’y a pas d’oecuménisme, du moins d’oecuménisme engageant réellement l’Église catholique, sans réception de Vatican II […]. La réception de Vatican II comme concile de “réforme” est un passage obligé sur le chemin de l’unité » (p. 249-250). In questo senso è significativo il passaggio dedicato da Routhier al ruolo del card. Ratzinger nell’influenzare l’orientamento del Sinodo dei Vescovi del 1985 grazie alla lunga intervista concessa a Vittorio Messori (p. 262) : è un passaggio che non solo riflette un tournant nella politica dottrinale della S. Sede nei confronti del Vaticano II, ma testimonia anche la grande attenzione di Routhier al ruolo dei mass media nel contributo della « opinione pubblica » — grande nuovo attore della storia conciliare — al Vaticano II.
Uno dei saggi più ampi e sistematici del volume è quello sulla recezione del concilio in Canada, e più specificamente nel Canada francofono, in cui si analizzano le iniziative assunte tra concilio e post-concilio. Si attesta qui il ruolo di leadership dell’episcopato canadese nel processo di recezione e nell’esercizio della « prudenza » a fronte della « attesa-impazienza » delle diocesi, specie in materia liturgica, negli anni 1964-1965 (p. 277 s.), durante il processo di « regionalizzazione » e di ricambio all’interno dell’episcopato canadese tra 1964 e 1968 e del più ampio movimento di rinnovamento culturale che avvolge l’area nord-atlantica, e il Québec in particolare con la Révolution tranquille (p. 294 s.) : « […] la crise n’est pas un fruit de Vatican II » (p. 306).
Il « crescendo » del volume è visibile dall’indice, che dedica gli ultimi tre capitoli all’ecclesiologia del concilio, alla sua ermeneutica e alle prospettive per un nuovo concilio. Nel primo, che riprende e commenta gli studi ecclesiologici di Walter Kasper, la periodizzazione avanzata da Routhier (1962-1971, 1972-1985 e 1985- : p. 321-322) è calzante : essa non si adatta soltanto alla riflessione di Walter Kasper, ma più in generale riflette una periodizzazione degli studi teologici e storici sulla chiesa cattolica e la sua dimensione conciliare. Il saggio consente di fare il punto sulla vexata quaestio del rapporto tra « lettera » e « spirito » del Vaticano II, e sulla complessità degli approcci necessari alla comprensione di un evento, come il Vaticano II, che va compreso storicamente innanzitutto perché ha compreso se stesso storicamente. L’attenzione alla dimensione storica del concilio e della redazione dei suoi testi emerge anche nel saggio successivo, dedicato all’ermeneutica del Vaticano II, che riprende e discute le analisi di Thils, Pottmeyer, Acerbi, Alberigo, Hünermann, Theobald e O’Malley, concludendo per la necessità di un approccio metodologico multidisciplinare.
L’ultimo saggio affronta la questione della necessità di un nuovo concilio : « […] si l’on adopte comme critère le fait que les conciles doivent permettre une nouvelle rencontre de l’Évangile avec des mondes nouveaux, une pratique renouvelée de l’institution conciliare s’impose » (p. 410). Partendo dall’ipotesi del Vaticano II come « concilio di transizione » (p. 415), Routhier pensa ad un ritorno alla conciliarità diffusa a livello regionale e continentale : « Il ne s’agit probablement pas aujourd’hui d’en appeler à un Vatican III, mais de permettre, à tous les niveaux de l’Église catholique et dans les différentes aires culturelles qu’elle habite, de revivifier la vie synodale et de demeurer ouverte à de nouveaux modes d’expression de la conciliarité foncière de l’Église » (p. 421).
Dalla conclusione del concilio Vaticano II sono trascorsi 40 anni : l’età dei bilanci delle scelte di vita, o delle nuove scelte di vita. Nella Bibbia, 40 anni è anche la durata del cammino nel deserto, delle incertezze, delle nostalgie per le sicurezze del tempo passato. Oggi, le nostalgie rispetto al periodo pre-conciliare sono nutrite specialmente da chi quel passato non lo ha vissuto. In questo senso, il passaggio di pontificato da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI dà alla raccolta di saggi un valore nuovo, restituendo al lettore la sensazione della necessità non solo di nuovi approfondimenti, ma anche di una rinnovata presa di posizione sul Vaticano II e sulle sue fondamentali opzioni per l’annuncio del Vangelo da parte della chiesa cattolica nel mondo contemporaneo. Risponde alla responsabilità del teologo al servizio della comunione ecclesiale la dedica del volume di Routhier alla nuova generazione di studenti di storia e teologia, e più in generale « à ceux qui n’ont jamais désespéré de Vatican II et qui croient qu’il offre toujours à l’Église une boussole sûre et fiable, un socle sur lequel on peut se reposer et un point de départ à partir duquel on peut toujours rebondir » (p. 13).
Indice del volume : « Introduction » (p. 7-13) ; « Un après-concile fait d’apprentissages d’un nouveau type de catholicisme » (p. 15-46) ; « La réception dans le débat théologique actuel » (p. 47-85) ; « La réception de Vatican II : une décennie de travaux et perspectives pour la recherche » (p. 87-114) ; « La liturgie aux prises avec un monde et une Église en mutation » (p. 115-137) ; « La réception de l’ecclésiologie de Vatican II : problèmes ouverts » (p. 139-170) ; « Vatican II : moment initial d’un processus inachevé d’inversion du gouvernement centralisé de l’Église catholique » (p. 171-211) ; « Quarante ans après Vatican II : qu’est devenu le mouvement marial ? » (p. 213-245) ; « Vatican II - réception - mouvement oecuménique » (p. 247-267) ; « La réception de Vatican II au Canada » (p. 269-318) ; « L’ecclésiologie catholique dans le sillage de Vatican II » (p. 319-359) ; « L’herméneutique de Vatican II : de l’histoire de la rédaction des textes conciliaires à la structure d’un corpus » (p. 361-400) ; « Vers un nouveau concile ? » (p. 401-421) ; « Conclusion » (p. 423-427).